Aspetto questa maledetta biopsia dei miei linfonodi. Darà la risposta a tutte le domande che ci siamo
posti da un mese e mezzo a questa parte…
Ho paura perché non ho mai fatto un’anestesia
totale e mi sale l’ansia solo a pensarci. L’intervento che dovrò affrontare si
chiama mediastinoscopia. Mi faranno un taglio nell’attaccatura del collo e
scenderanno fino all’altezza dei polmoni circa per prelevare uno dei linfonodi
malati e dirmi finalmente di che malattia si tratta.
L’attesa è allucinante perché 10 giorni non passano
mai… Durante una conversazione mi scappa detto con mia mamma:
- Non vedo l’ora di togliermi di mezzo l’operazione
ed aver finito tutto!
- Vale, non è finito niente! Questo è solo
l’inizio!
Cazzo, a questo non ci avevo ancora pensato. In
effetti la terapia sarà pesante e dovrò affrontarla senza tanta paura e sempre
a testa alta…
Un paio di giorni prima dell’operazione non sono
per niente tranquilla e, tra le altre cose, reagisco molto male ad una
confidenza di mia madre. Passo la notte in bianco dal nervoso e non ci
rivolgiamo la parola per 2 giorni (trascorsi ad aspettare le visite
preoperatorie).
La mattina stessa, mentre porto il cane a fare la
pipì, mi viene una crisi di pianto. A quel punto non penso più alla paura
dell’operazione in sé, ma al fatto che non avrò l’appoggio di mia mamma o un
suo bacino prima di entrare in sala operatoria a causa di questa nostra lite.
Lascio il cane da un’amica e mentre mia mamma passa a prendermi vede che sto
piangendo e la lite ricomincia. Molto più forte. Molto molto più forte.
Litighiamo fino alle 9.20. Alle 9.30 avremmo dovuto già essere in ospedale.
Per fortuna l’operazione ritarda (14.37) e durante
l’attesa mio padre (che ovviamente non sapeva nulla della lite) riesce a
calmare gli animi tra battute, caramelle (non scherzo, dall’ansia ne avrà
mangiate almeno 60-80 di fila) e parole crociate.
Arriva il momento dell’operazione e gli infermieri
vengono a prendermi e mi fanno la puntura del coraggio. Mi allontano sulla
barella verso i corridoi mentre saluto i miei che hanno l’occhio lucido. Tutto
il resto è confuso. Non ricordo nulla del momento in cui mi sono addormentata.
Mi sveglio mentre un’infermiera mi prende a “pugni”
la testa e mi dispero come una bambina… ”voglio la mamma!”. Anche il ritorno in
camera è un po’ confuso. Ricordo di aver chiesto un piatto di riso allo
zafferano. Ricordo che mi scocciava aver perso la puntata di Amici. Ricordo il
bacio di mia mamma e quello di papà. Ricordo il primo stupidissimo messaggino
post-operatorio “amore, non dimenticarti di venire a trovarmi”.
Il giorno dopo torno a casa con un taglio in più ed
un linfonodo in meno. Pensavo peggio. Dico a mio padre:
- Finalmente anche questa è andata!
- Siamo solo all’inizio, patatina!
Uhm… giusto…
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