giovedì 19 novembre 2015

Flashback - La fatidica frase

La prima volta in cui ho incontrato le dottoresse che mi avrebbero poi seguito nel corso di tutta la malattia ancora non mi era stata fatta una precisa diagnosi. Il Signor H era solamente qualcosa di sconosciuto che non faceva realmente parte della mia vita. Dovevo ancora fare la mia prima PET, dovevo ancora sottopormi alla biopsia che ha poi permesso di identificarlo.
Mi ricorderò sempre il mio primo ingresso nel "famoso" ambulatorio 6 e il sorriso delle due giovani dottoresse che mi sono trovata davanti. Quel giorno mi sono sentita dire tutto ciò che mi aspettavo che mi dicessero. Io lo sapevo già che il Signor H era il Signor H, perché io ed il mio amore eravamo stati ore su internet a cercare informazioni su pagine e blog per capire dove volessero andare a parare i medici con tutti gli esami che mi facevano fare.
Mi ricorderò sempre la frase con cui iniziarono il loro discorso. Mi dissero che da quel momento sarei stata seguita da loro perché: "anche se ancora non abbiamo alcuna diagnosi sicura, non ci sono dubbi che il tuo problema sia di nostra competenza". Praticamente è stato come sentirsi dire indirettamente: "guarda...avevamo ragione, hai un tumore. Ora dobbiamo solamente capire di che tipo sia", ma in maniera molto più alleggerita.
Mi ricorderò sempre che quello fu un momento di svolta. Io paradossalmente quel giorno ho tirato un sospiro di sollievo, perché dopo un mese e mezzo di esami ed ospedali finalmente si poteva iniziare a pensare alla risoluzione del problema. Non mi interessava che questa soluzione si chiamasse chemioterapia, me ne ero già fatta una ragione: la chemio sarebbe stata comunque inevitabile.
Mi ricorderò sempre che alla fatidica frase seguirono tutte le informazioni che è normale ricevere in quell'occasione. Caduta dei capelli, nausea, affaticamento. Sinceramente però non ricordo ciò che mi dissero a riguardo. Non mi interessavano più di tanto. Forse presuntuosamente, ma mi sembrava di sapere già tutto ciò che mi interessava sapere.
Mi ricorderò sempre che dopo la fatidica frase mia madre mi guardò con gli occhi lucidi ed iniziò a muovere le labbra come per trattenere le lacrime. "Non fare così, che poi piango anche io"... ed in effetti, una volta a casa, fu l'unica persona con la quale riuscii a piangere. Eravamo abbracciate. Lei piangeva sulla mia spalla ed io sulla sua. Furono giusto una manciata di secondi. Un solo attimo di debolezza, o di estrema forza, di non so cosa...ma dopo ero felice.

3 commenti:

  1. laboratorio 6???????sei siciliana?????????

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  2. ciao!! sono Marina e ho bisogno di chiederti una info, posso avere il tuo indirizzo email ?
    cosi da poterti contattare?

    grazie;)

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